Dicono di me

Elio Cerbella intorno al cerchio
di Silvia Cuppini*

In casa Cerbella la stanza di soggiorno si è trasformata in uno scrigno di memorie. Collocati su un muretto giganteggiano cinque buccheri, mute guardie di camera, sovrastati da un piatto che stilla lacrime dipinte. E’ la ceramica la protagonista assoluta del piccolo museo di casa. Elio Cerbella dopo avere prodotto ceramiche fin dal 1951 e dopo aver fondato l’istituto d’arte a Gubbio, continua a modellare la terra come un antico vizio.

silvia cuppini mostra ceramica
Silvia Cuppini con Elio

A terra o montate su tavole appoggiate al muro, trovano posto le ultime mattonelle a rilievo di semplice terracotta come gli embrici e le tegole di un tetto. Un movimento di linee incise muove la superficie da ogni parte e penso a quella terra grigia che dopo essere stata pettinata dal ceramista arrossisce per sempre a contatto con il calore del forno. Poco più in là, proprio a chiudere l’angolo, un pannello colorato, sfrangiato nel perimetro sembra alludere all’ambiente marino: un occhio grande e tondo di pesce ci guarda. Tre vasi, la cui superficie è trattata come le mattonelle, aprono i loro manici strani come occhi su un tavolo che sembra non poter accogliere che questi oggetti preziosi e fragili. A fianco, appeso al muro, un pannello bianco riunisce le formelle di bucchero che recano l’impronta di sezioni di tronchi, sembrano fatte di materia organica, se non fosse per la forma squadrata dei calchi che dichiara l’artificio. Nel fissare per sempre i segni effimeri della natura, Cerbella si allinea alla casualità del gesto astratto di Pollock, di De Kooning, di Fautrier.

Alle pareti tanti piatti riflettono la luce come i rosoni nelle chiese gotiche e tanti quadri che rappresentano nature morte con ceramiche e fotografie: istantanee del passato.

La circolarità è un tema ricorrente per Elio Cerbella, circolare è il focolare avveniristico fatto con i moduli bianchi, che negli anni Sessanta hanno ricevuto la benevola critica di Giulio Carlo Argan. Con gli stessi moduli è stato costruito a fianco un muro in verticale. La ceramica raggiunge con questa opera il più elevato senso dell’astrazione: la materia e la tecnica non interpretano più un vaso, un piatto, un bicchiere, una ciotola, ma un mattone leggero che può sopportare ogni tipo di assemblaggio.

I moduli (Casa Museo Gubbio)
I moduli (Casa Museo Gubbio)

Al centro della camera, perno virtuale dello spazio, si erge un vero e proprio monumento al cerchione, riprodotto in sei pezzi identici, montati come in una officina su un’asta in verticale. Un monumento di sapore pop come gli oggetti di Oldenburg o i calchi perturbati di Segal. Dalle impronte di legni carbonizzati ai cerchioni si assiste a un passaggio naturale all’artificiale e al meccanico dentro il motivo ricorrente dell’ingannevole etico.

Sul tavolino basso da salotto, appoggiati su centrini di pizzo, si ergono un vaso decorato a lustro e un piccolo busto di donna di bucchero, con un collo allungato e gli occhi chiusi come una figura di Modigliani.

 

Casa Museo Gubbio
Casa Museo Gubbio

La vista si sta concludendo, ma nello scendere le scale Elio Cerbella mi introduce in uno dei depositi situato a terra dove è conservata una antica automobile in perfette condizioni. Comprendo solo allora che i cerchioni sono una parte di un oggetto d’affezione, un oggetto che suscita nel ceramista tutta l’ammirazione del ragazzo davanti all’oggetto del desiderio.

La stanza è il reliquiario di un’esistenza dedicata all’arte sottile della terra e del fuoco, di un’arte/artificio come la ceramica che, trattenendo i segni e le impronte di chi l’ha modellata si fa reliquia della storia e del mondo.

L’anima ha tremato quando ha visto un anonimo vaso greco marchiato alla base dall’impronta digitale dell’antico tornitore o ceramista, un segno più forte di ogni firma, un pezzo vibrante di vita fissata per sempre dal fuoco.

* Silvia Cuppini è storico dell’arte presso l’Università di Urbino Carlo Bo.